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Dispetti, angherie, vessazioni, fino a passare alle vie di fatto: botte che l'hanno mandato al Pronto Soccorso. E nessuno a scuola ha mosso un dito. Ma ora il bambino e la sua mamma hanno detto "basta". E' un caso di bullismo in piena regola di estrema delicatezza e gravità, data la giovane età dei bambini coinvolti, tra i nove e i dodici anni, e il riprovevole "lassismo" delle istituzioni scolastiche, quello consumatosi in un paese della provincia di Reggio Calabria. Giuseppe, il nome di fantasia della piccola vittima di questa incresciosa vicenda, che ha solo nove anni, era da tempo nel mirino di una "banda" di compagni di classe e di scuola nell'istituto comprensivo del suo paese: scherzi pesanti, come lo zainetto gettato nella spazzatura, angherie, umiliazioni. Una situazione di cui le insegnanti erano ben al corrente ma a cui assistevano senza intervenire: la mamma si era recata più volte in classe per lamentare i brutti gesti di cui il figlio era bersaglio, ottenendo come unica risposta dai docenti il "consiglio" di portarlo a scuola e di venirlo a prendere dieci minuti dopo il suono della campanella, per evitare di "esporlo" nei momenti più problematici dell'entrata e dell'uscita. E già questo è tutto dire. Ma i piccoli "bulli" hanno presto alzato il tiro della loro persecuzione e il 27 gennaio, dopo l'uscita da scuola, nel cortile del plesso, sono arrivati ad alzare le mani su Giuseppe: un autentico pestaggio di massa perpetrato da compagni di classe ma anche da studenti delle medie e che ha procurato al bambino botte e contusioni in tutto il corpo, in particolare alla schiena, sul dorso e agli arti. Il piccolo ha avuto bisogno di cure mediche al pronto soccorso dell'ospedale più vicino, dove gli hanno riscontrato una prognosi di 5 giorni salvo complicazioni, ma l'ortopedico, dopo una visita specialistica, gliene ha riconosciuti 20, prolungando in seguito la prognosi di altri 10 giorni. Come si è potuti arrivare a tanto? Perché sono stati trascurati i ripetuti segnali dei mesi e dei giorni precedenti? Le insegnanti e il dirigente scolastico hanno preso qualche provvedimento nei confronti dei ragazzini responsabili degli atti di bullismo? Hanno parlato con le loro famiglie? Sono stati interessati i servizi sociali? Tutte domande legittime a cui la mamma di Giuseppe adesso pretende risposta. I fatti del 27 gennaio, infatti, sono stati la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il ragazzino, del resto, oltre alle ferite fisiche, ha subìto un profondo shock, non ha più la forza di tornare in quella scuola ed ha avuto bisogno di supporto psicologico per superare il trauma: ora è seguito da uno psicologo. E la madre ha ritenuto di intervenire in modo fermo prima che fosse troppo tardi: sta pensando di non mandarlo più in quell'istituto, sta valutando di chiedere il trasferimento in un'altra struttura scolastica e, attraverso il consulente Salvatore Agosta, si è rivolta a Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali a tutela dei diritti dei cittadini, per salvaguardare il ragazzino e per ottenere giustizia. Giustizia non tanto nei confronti della baby gang che ha terrorizzato e picchiato Giuseppe, dei minori che non sarebbero neanche penalmente perseguibili, ma nei riguardi di chi ha permesso tutto ciò omettendo di vigilare sulla sicurezza di un alunno che era sotto la propria responsabilità, e macchiandosi di colpe ben più pesanti: l'istituto scolastico. Attraverso il servizio legale di Studio 3A, dunque, ieri, 29 febbraio 2016, è stata presentata formale querela presso la locale stazione dei carabinieri, che peraltro nei giorni scorsi avevano già effettuato un sopralluogo in quell'istituto. "E' una vicenda inqualificabile su cui ogni commento è superfluo: un istituto a cui le famiglie affidano i figli, la loro educazione e la loro incolumità, non può venire meno così alle proprie responsabilità – sostiene il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò - Tutelare i diritti della persone è la nostra mission, ma quando si tratta di bambini lo è doppiamente e non ci fermeremo di fronte a nulla per ridare serenità a questa famiglia e a questo bimbo che ha vissuto per mesi un dramma silenzioso. Che casi come questo non abbiamo mai più a ripetersi: abbiamo tutti il dovere di non accettare passivamente la piaga del bullismo".

[Fonte: Web / http://ildispaccio.it/reggio-calabria/101062-vittima-di-bullismo-a-nove-anni-la-mamma-querela-scuola-del-reggino-gli-insegnanti-stanno-a-guardare ]

Attraente quanto pericolosa: la app "Sarahah", che permette di mandare messaggi anonimi agli iscritti, è già un fenomeno. Ma di cosa si tratta? Chi l'ha creata e quali sono i suoi lati oscuri?

Negli ultimi giorni chiunque usi i social network non può non essere incappato nel logo di una busta bianca su fondo acqua marina. Il logo di Sarahah, appunto, che in arabo significa onestà. L'applicazione, creata dal 29enne saudita Zain al-Abidin Tawfiq, ha già fatto il record di download collezionando milioni di utenti (tra app e versione desktop sarebbero 20 milioni).

Nata per fornire uno strumento ai dipendenti che volessero esprimere giudizi onesti sui propri capi senza diritto di replica e senza la possibilità di essere rintracciati (almeno questo è l'intento dichiarato dal suo ideatore), si presta tuttavia a diventare lo sfogatoio dei bullismi da tastiera. Non è un'assoluta novità: Ask.fm, Yik Yak e Whisper sono strumenti simili che tuttavia fortunatamente non hanno mai davvero sfondato. Il boom di Sarahah sarebbe legato anche alla possibilità di inserire link nei post di Snapchat, popolarissima tra i giovanissimi.

Una volta scaricata l'app, si esegue una ricerca degli amici già iscritti e si procede a "recensirli" a piacimento e in forma del tutto anonima, neanche fossero dei ristoranti o degli ostelli. I rischi legati al cyberbullismo sono evidenti e il suo inventore ne è ben consapevole. Su PlayStore Sarahah viene definita un'applicazione utile alla «critica costruttiva» e se ne raccomanda l'uso sotto «la supervisione dei genitori».

Zain al-Abidin Tawfiq, parlando a Mashable, si è impegnato a fare di tutto per mantenere Sarahah "pulita". Qualche ostacolo ai bulli esiste già, come la possibilità di bloccare utenti ed attivare filtri per le parole offensive.

[Fonte: "Il Messaggero" / http://www.ilmessaggero.it/tecnologia/hitech/sarahah_app_messaggi_anonimi-2615151.html ]

Da un periodo in questa parte  Ilaria Bidini, youtuber affetta da osteogenesi viene perennemente attaccata da esseri che si nascondono dietro una tastiera, siamo stanchi!! Vogliamo giustizia per Ilaria, firmiamo in tanti per combattere il cyberbullismo e dare una mano ad Ilaria.

Sito web per firmare la petizione: https://www.change.org/p/laura-boldrini-tutti-con-ilaria-bidini

Parliamo di prevenzione.
Cos'è il This Crush?
È un social network per farsi insultare ,è la nuova "moda" ed è collegata ad Instagram.
Allertiamo i genitori, occhio al cyberbullismo, attenzione... date una sbirciatina ai cellulari dei vostri figli .
Questo social anche anonimamente può postare messaggi diffamatori, post offensivi anche a carattere sessuale.
Diventa una gogna mediatica ed è già di largo utilizzo .
Se non è sufficiente dialogare e comunicare con i figli è estremamente necessario controllare e vigilare .
E poi mi rivolgo al bravo, ai lupi insensibili, forse feriti ..... ricordatevi che state arrecando tanto dolore e state facendo dei reati perseguibili... pensateci.

--- Paola

La legge sul cyberbullismo introduce norme dedicate esclusivamente alla prevenzione e al contrasto del fenomeno che vede per protagonisti e vittime i minorenni, con il coinvolgimento diretto delle scuole. Basterà questa legge ad arginare il fenomeno?

Avv. Dario Coglitore

Il 3 giugno scorso è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 29 maggio 2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” da oggi in vigore.

All’art. 1, rubricato “finalità e definizioni”,  viene descritto per la prima volta il fenomeno del “cyberbullismo” individuandolo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, nonché la diffusione di contenuti online il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
L’intervento del Legislatore è stato salutato con entusiasmo dalla stampa e dai media in generale. Tuttavia il testo normativo non  appare scevro da critiche in particolare con riguardo alla sua effettiva utilità.

Ed infatti non si è inteso introdurre una specifica fattispecie di reato: gli atti di cyberbullismo continueranno ad essere sanzionati penalmente solo se riconducibili a precise e già esistenti fattispecie incriminatrici quali ad es. lesioni personali, l’ingiuria,diffamazione,molestia o disturbo alle personeminaccia,atti persecutori – stalking,sostituzione di persona, detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, etc.

In sostanza, ancora oggi, il termine cyberbullismo richiama fattispecie criminose senza tuttavia esserlo di per se stesso.
Anche sotto il profilo dell’illecito civile tutto è rimasto invariato, continuando a trovare applicazione gli artt. 2048 e 2043 c.c.

La legge n. 71/2017 in verità ha semplicemente introdotto alcune misure volte a prevenire il fenomeno del cyberbullismo, sopratutto attraverso l’intervento delle scuole dove tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo. E’, altresì, previsto che alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno le polizia postale e le associazioni territoriali.
Il testo normativo, all’art. 1 comma I, d’altronde, si pone il chiaro obiettivo di “contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche. “.
Nell’ottica della citata prevenzione l’art. 2 della legge contempla la possibilità per ciascun minore ultraquattordicenne, nonché per ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito atti di cyberbullismo, di inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore diffuso in rete e che ovviamente risulti offensivo della dignità dello stesso.

In buona sostanza, in caso di minore che abbia compiuto gli anni quattordici, il Legislatore ha previsto una doppia legittimazione, in capo allo stesso minorenne e all’esercente della potestà genitoriale.
E’ chiaro che l’attribuzione di una doppia titolarità del diritto comporta necessariamente il superamento di possibili situazioni conflittuali nascenti dalla eventuale volontà contraria di uno dei due soggetti abilitati, ipotesi che in verità non appare regolamentata dl testo di legge.
Con riguardo ai minori sotto i quattordici anni la norma nulla dice.
Tuttavia appare irragionevole ritenere che tali soggetti rimangano sprovvisti di tutela.

Si potrebbe, quindi, interpretare il testo nel senso che il Legislatore abbia inteso mantenere la legittimazione in capo al solo genitore del minore dal momento che la relativa richiesta di oscuramento può, in ogni caso, essere avviata dal genitore esercente la patria potestà (“Ciascun minore ultraquattordicenne, nonché ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore …”) e che la definizione di “cyberbullismo” offerta dall’art. 1, comma II, della legge n. 71/17, e richiamata dall’art. 2 comma I, si rivolge ai minori senza distinzione di età.

Inoltrata la richiesta, il gestore deve dare seguito entro 48 ore alla istanza; diversamente subentra il Garante per la privacy con l’intento di riuscire a oscurare il contenuto entro le 48 ore successive.

C’è però da sottolineare che il termine “gestore“ non contempla né i providers, né i motori di ricerca.
La procedura sopracitata, la quale mira esclusivamente ad ottenere la rimozione dei contenuti offensivi, non è sostitutiva dall’azione penale e non va confusa con la stessa la quale com’è evidente tende a reprimere il fenomeno ed a sanzionare il “cyberbullo”.

A tal proposito la legge nulla ha introdotto, a mio avviso, di significativo, limitandosi a contemplare la possibilità di avviare innanzi al Questore una procedura, a dire il vero assai blanda, di ammonimento del “cyberbullo”, così come già accade in tema di stalking.
E’ necessario, però, che non venga presentata querela contro il cyberbullo o denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 c.p. e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne.

Il Questore assumerà, se necessario, le informazioni dagli organi investigativi, e sentite le persone informate sui fatti, procederà ad ammonire oralmente il soggetto nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento, invitandolo a tenere un comportamento conforme alla legge.
L’ammonimento, è bene precisare, è uno strumento amministrativo e non presuppone la prova certa del fatto, ma solo la sussistenza di “indizi” che rendano verosimile l’avvenuto compimento di atti persecutori.

Gli effetti dell'”ammonimento” cesseranno solo una volta maggiorenne.
La legge è di certo un primo concreto segnale che sta ad indicare come il fenomeno del cyberbullismo sia sotto la lente del Legislatore. Tuttavia manca ancora qualcosa, non c’è infatti nessun riferimento al cyberspettatore, lo “spettatore silente”, ovvero a chi visiona e spesso condivide gli atti persecutori.

Un limite ancora più rimarcato se si considera che lo scopo della legge è, in primis, quello di formare, sensibilizzare e prevenire, ancora prima di reprimere e punire.

(fonte/web: http://www.inchiestasicilia.com/2017/07/27/cyberbullismo-i-limiti-della-legge-n-712017/ )

Ringrazio l'Associazione Find Emotions per aver ricordato anche quest'anno David e di avermi dato l'occasione di far conoscere l'Associazione David e Golia che si occuperà di prevenzione al bullismo. David era un grande sportivo, amava e riusciva in tutti gli sport. Sicuramente si sarebbe rispecchiato in questo evento. Fa onore all'Associazione Find Emotions, portare tante persone insieme, unite da un sano spirito sportivo e di divertimento. Complimenti per l'impegno e per l'entusiasmo. Grazie di cuore Paola

(24 Luglio 2017)

--- Paola Borghesan

(@Instragram: https://www.instagram.com/p/BWmk-qYgYQW/ )

emapesciolinorosso Ieri è stata una splendida giornata per l'evento nazionale del PesciolinoRosso tenutosi a Riccione.
Nel pomeriggio abbiamo deciso di condividere alcune storie di rinascita in spiaggia dagli amici del Bagno Giulia 85.
Grazie a tutti i presenti e ai relatori che hanno partecipato:
- Don Roberto e i suoi ragazzi @donrobydon
- Prof. Marcello Riccioni
@boccacarolina
- Renato Amato
- Paola e Giovanni dell'Ass. David e Golia
- Dott. Michele Gennuso
- Ass. Butterfly

Un'onda positiva si é abbattuta ieri su Riccione e siamo sicuri non si fermerà al primo scoglio ❤
Ricorda la #rivoluzioneRAP

Si tratta di uno dei primi casi in cui una sentenza per atti di bullismo diventa definitiva. Il ragazzo, vessato per due anni, alla fine si trasferì in Piemonte. La Cassazione contro la scuola: "Insipienza di quanti dovevano controllare, ma non si accorsero di nulla"

Avevano commesso “atti persecutori” nei confronti di un loro compagno di scuola, talmente intimorito dalle botte che decise di trasferirsi dalla Campania al Piemonte. La Cassazione ha messo un punto: la loro condanna diventa definitiva. Ed è la prima volta in Italia per una causa per bullismo. I quattro ex studenti campani sono stati condannati a 10 mesi di reclusione, pena sospesa, come deciso già dai giudici minorili di Napoli. La vicenda era emersa perché il loro compagno di scuola, che aveva sempre taciuto le violenze subite, fu costretto ad andare in ospedale per le lesioni subite a un occhio dopo l’ennesimo pestaggio.

Le aggressioni e le molestie – iniziate quando i cinque ragazzi aveva iniziato a frequentare lo stesso istituto professionale nel Casertano – sono andate avanti per due anni. In un’occasione, uno dei giovani del branco filmò le violenze con il cellulare. Proprio quel video ha “corroborato solidamente” le dichiarazioni della vittima contribuendo a condannare Giuseppe Comparone, Antonio Faraone, Crescenzo Musto e Emiliano Raucci, oggi tutti maggiorenni. La Quinta sezione della Cassazione ha ribadito anche quanto già affermato dalla Corte di Appello per i minorenni di Napoli che aveva sottolineato come in qualche modo un ruolo fosse stato giocato anche dalla scuola. I giudici citano infatti “il clima di connivenza e l’insipienza di quanti, dovendo vigilare sul funzionamento dell’istituzione, non si accorsero di nulla”.

La situazione era drammatica e senza via di uscita, ricordano i giudici citando un “brano estremamente significativo della deposizione” del ragazzo, il quale “ormai succube della violenza, dopo un iniziale tentativo di ribellione” aveva raccontato di dover “accettare condotte di sopraffazione ‘per evitare altre botte'”. Per questo la Cassazione ha respinto “la tesi del carattere isolato di alcuni episodi” che “risulta del tutto priva di specifico aggancio alle risultanze processuali”. E il fatto che prima delle lesioni all’occhio il ragazzo non abbia denunciato né esistano certificati medici “è privo di decisività, alla luce dello stato di soggezione psicologica”.

[Fonte/Web immagine e articolo: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/08/telefono-azzurro-30-anni-di-ascolto-guardando-il-futuro-aiutati-oltre-72mila-bambini-e-adolescenti/3644519/?utm_source=ifq&utm_campaign=pagination&utm_medium=button ]

Docenti e alunni, preparatevi. A settembre tra i banchi di scuola ci saranno tante novità. La legge sul cyberbullismo è definitivamente entrata in vigore e ognuno avrà un ruolo di responsabilità. Ma cosa ne pensano gli insegnanti? L’abbiamo chiesto all’And, Associazione nazionale docenti.

Secondo quanto previsto dalla norma i dirigenti scolastici e i docenti saranno pienamente coinvolti in un ruolo di referente e attivo attraverso la prevenzione e il contrasto del fenomeno, all’interno della scuola. Gli insegnanti, in particolare, dovranno essere un punto di riferimento e un ponte tra gli studenti e le famiglie, oggi più che mai.

La legge 71/17 “ Disposizione a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, in vigore dal 18 giungo, esattamente all’articolo 4 comma 3 sostiene che:

“OGNI ISTITUTO SCOLASTICO, NELL’AMBITO DELLA PROPRIA AUTONOMIA, INDIVIDUA FRA I DOCENTI UN REFERENTE CON IL COMPITO DI COORDINARE LE INIZIATIVE DI PREVENZIONE E DI CONTRASTO DEL CYBERBULLISMO, ANCHE AVVALENDOSI DELLA COLLABORAZIONE DELLE FORZE DI POLIZIA NONCHÉ DELLE ASSOCIAZIONI E DEI CENTRI DI AGGREGAZIONE GIOVANILE PRESENTI SUL TERRITORIO”.

Sono pronti, dunque gli insegnanti? Cosa ne pensano della legge? A rispondere è Antonietta D’Ettore (nella foto), Coordinatrice nazionale dell’ Associazione Nazionale Docenti, Settore formativo “Coesione sociale e prevenzione disagio giovanile”.

“Una legge a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo non può che essere il punto di partenza per coniugare educazione alla legalità ed educazione alla cultura digitale nell’ambito scolastico, cercando di prevenire il cyberbullismo, fenomeno attuale che può avere anche conseguenze drammatiche!.

“Questa legge, in particolare, introduce, nell’ambito scolastico, la necessità di individuare un docente-referente per il cyberbullismo in ogni Istituto, al fine di attivare iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo e con attività di informazione e di formazione rivolte ai docenti, a genitori, agli alunni in collaborazione con la Polizia Postale, con le Associazioni e con i Centri di aggregazione giovanile sul territorio”.

“L’introduzione di tale figura- afferma D’Ettore- pur rappresentando per i docenti un ulteriore carico di responsabilità, rappresenta un punto cardine da cui partire per la tutela dei minori sulla rete internet”.

“Pertanto, risulta fondamentale fornire ai docenti-referenti strumenti concreti per fronteggiare quella che attualmente è diventata una necessità sociale, l’educazione alla cultura digitale, ovvero ad un uso responsabile di internet”.

“Individuato il docente-referente, tuttavia, sarà necessario formarlo in maniera che possa coordinare efficacemente tutte le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo”.

“A tal proposito- continua la Coordinatrice- il Miur si sta muovendo concretamente in questa direzione, incaricando gli Uffici Scolastici Regionali ad organizzare corsi di formazione rivolti a tutti i docenti referenti del bullismo/ cyberbullismo, al fine di una concreta formazione circa gli aspetti educativi, psicologici, sociali e giuridici del bullismo e del cyberbullismo”.

“Infine, sarà sicuramente utile organizzare progetti, includendo soprattutto gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, con personalità fragile o che si trovano in situazioni di svantaggio/disagio sia cognitivo che socio-affettivo, utilizzando strumenti di interazione e partecipazione”.

“Al fine di una reale prevenzione e di un concreto atto di contrasto del fenomeno del bullismo/cyberbullismo, come Associazione Nazionale Docenti, riteniamo indispensabile l’istituzione a vari livelli di tavoli tecnici-scientifici di coordinamento del fenomeno, nonché di stabilire una rete di informazione/ formazione per il personale scolastico, gli alunni, la famiglia”.

“Questa legge- spiega D’Ettore- rappresenta comunque un importante punto di partenza, ma sarà fondamentale da un lato stabilire Linee Guida da attuare nell’ambito scolastico in modo da uniformare le iniziative e le attività di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo su tutto il territorio nazionale e dall’altro creare una registro dati presso ogni Istituto scolastico per monitorare il fenomeno”.

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“Dal prossimo anno scolastico, dovranno dunque essere individuati i punti chiave per organizzare un’adeguata formazione su una tematica sociale così delicata e per un’ampia attività di sensibilizzazione delle famiglie in una prospettiva di comune sostegno, di informazione e di formazione, per assicurare ai ragazzi una crescita culturale in un ambiente sereno”.

“La conoscenza, l’aumento di senso critico, la possibilità di scegliere consapevolmente, e soprattutto la presenza e disponibilità degli adulti di riferimento, nell’ambito familiare e scolastico, sono sicuramente, anche in un contesto complesso come quello delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le migliori soluzioni”.

(Fonte/Web: http://intreccio.eu/docenti-legge-cyberbullismoun-ulteriore-carico-di-responsabilita-ma-anche-un-punto-di-partenza/ )

La Camera con voto unanime ha dato il via libera definitivo alla proposta di legge contro il cyberbullismo. La legge è stata "dedicata" da Laura Boldrini a Carolina Picchio, la quattordicenne che si tolse la vita dopo un episodio gravissimo di bullismo in rete.

Bullismo telematico. Entra per la prima volta nell'ordinamento una puntuale definizione legislativa di cyberbullismo. Bullismo telematico è ogni forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati personali realizzata per via telematica in danno di minori. Nonché la diffusione di contenuti online (anche relativi a un familiare) al preciso scopo di isolare il minore mediante un serio abuso, un attacco dannoso o la messa in ridicolo.

Oscuramento. Il minore sopra i 14 anni vittima di cyberbullismo (o anche il genitore) può chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete. Se non si provvede entro 48 ore, l'interessato può rivolgersi al Garante della privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore. Dalla definizione di gestore, che è il fornitore di contenuti su internet, sono comunque esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca.

A scuola. In ogni istituto tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il cyberbullismo. Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo informatico e attivare adeguate azioni educative.

(da www.Metronews.it - 17 Maggio 2017)