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Il bullismo oggi: combatterlo in sei mosse

1. I BERSAGLI: PIÙ A RISCHIO GLI STUDENTI INTROVERSI
C’è sempre stato. «Ma il bullismo oggi è cambiato nei modi di manifestarsi», dice Anna Maria Giannini, docente di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma che il mese scorso ha pubblicato una ricerca intervistando 1.500 studenti. «Quello che vediamo negli ultimi due anni, inoltre, è che il bullismo è sì più digitale, trovando in Internet una piattaforma privilegiata, ma è allo stesso tempo diventato sempre più violenza fisica», aggiunge Luca Bernardo, primario e ideatore del Centro nazionale antibullismo del Fatebenefratelli di Milano. La dinamica non cambia. «Il bersaglio viene individuato tra gli studenti introversi, che fanno poco gruppo e in generale per qualche caratteristica che lo rende “debole” agli occhi dei violenti», spiega Giannini. Partono le aggressioni verbali e fisiche. E la vittima come reagisce? «Cambia, in negativo, il suo rendimento scolastico — continua Bernardo —, si isola anche dentro casa, peggiora le sue abitudini igieniche e si auto-produce stati di malessere che non sono confermati dagli esami medici».

2. LA PROTEZIONE: ALLARGARE LA CERCHIA DI AMICI
Secondo le statistiche più recenti quasi il 48% di adolescenti segnala atti di bullismo, con frequenza quotidiana, negli ambienti scolastici», calcola Luca Bernardo. Come attenuare le conseguenze? «Un modo potrebbe essere quello di non trovarsi da soli durante l’intervallo, nei corridoi e in generale negli spazi comuni. Se nell’edificio esistono più scale si dovrebbero evitare quelle dove di solito sosta il gruppo di bulli. L’obiettivo di questi accorgimenti è quello di evitare quelle situazioni di contatto ravvicinato». E se questo non si rivelasse sufficiente? «Bisogna senza ombra di dubbio creare una vera e propria “cintura di sicurezza” fatta dai compagni di classe, dagli amici e in generale dai coetanei». «La vittima deve cercare di creare rapporti più stretti con chi si trova nel suo stesso ambiente perché quelli diventeranno un elemento di protezione, che scoraggia i violenti e allo stesso tempo fa uscire dall’isolamento. In questo modo diventano bersagli meno facili», suggerisce la docente-psicologa.

3. I SENTIMENTI: IL RISCHIO DI PERDERE L'AUTOSTIMA
«La vittima prova vergogna per quello che gli hanno fatto e arriva persino a colpevolizzarsi per non essere stata in grado aver risposto all’atto violento», dice il primario. «Arriva quasi a pensare di esserselo meritato, perde ogni autostima». Non solo. «Perché l’adolescente preso di mira pensa che parlandone o denunciando mostri tutta la sua debolezza», ragiona Giannini. «C’è, poi, il timore delle ritorsioni». Il fenomeno sembra essere una questione di genere: cinque bulli su sei sono maschi. Ma quale sarebbe il primo passo per uscire da una situazione di difficoltà? «La “riscossa” può iniziare soltanto se la stessa persona presa di mira si rende conto del fatto che non ha alcuna responsabilità nell’essere stato scelto come obiettivo», suggerisce la docente-psicologa. «Deve convincersi che è soltanto colpa dei coetanei violenti — e non sua — se viene offeso o picchiato, se la sua vita all’interno dell’ambiente scolastico e di conseguenza anche fuori aula è diventa un inferno. Fino a quando si ritiene “responsabile” non inizierà mai a reagire».

4. CONFIDARSI CON UN COETANEO DI FIDUCIA
Dopo la presa di coscienza c’è soltanto un passo da fare: «Parlare, denunciare, in tempi immediati, senza aspettare sperando che la situazione magari migliori perché non sarà così», continua Giannini. «Più l’azione di violenza — verbale, fisica o tutte e due insieme — si ripete nel tempo, più è difficile uscirne». Ma rivolgersi a chi? Qui, secondo gli esperti, andrebbe fatta una distinzione. Perché se gli adulti sono la soluzione preferita, «molto dipende dalla gravità del gesto compiuto», sottolinea la psicologa. Per esempio: «Se l’adolescente è stato vittima di un gesto grave si deve rivolgere subito a un genitore o a un insegnante». Ma in presenza di un comportamento ritenuto non grave, «allora confidarsi con un coetaneo potrebbe essere utile». Certo, è la precisazione, «deve essere un’amica o un amico di cui ci si fida, che sia anche in grado di dare un sostegno psicologico e che, allo stesso tempo, sia anche fuori dalle dinamiche relazionali all’interno della scuola, perché non deve diventare a sua volta un obiettivo dei bulli».

5. DOCENTI E GENITORI: AVVERTIRE SUBITO UN ADULTO
La dinamica del bullismo è particolare: chi non è vittima tende a stare alla larga, a farsi gli affari suoi o addirittura a mostrare segni di approvazione per gli atti di violenza perché teme di diventare a sua volta un obiettivo», dice Giannini. «Scatta quasi un meccanismo di identificazione nelle persone violenti». Il primario Bernardo distingue le parti non coinvolte direttamente in spettatori «attivi» e «passivi»: «I primi arrivano addirittura a incitare i bulli, i secondi guardano e non reagiscono, fanno finta di nulla». In generale, sostiene il medico, «servirebbe un’intensa attività di formazione per i ragazzi, ma anche per gli insegnanti». Per spiegare loro i sintomi che mostrano le vittime di bullismo e dire che chi tace si rende complice. «Certo, l’adolescente ha paura di parlare perché non vuole essere etichettata come “spia” dai compagni», prosegue Giannini. Allora una soluzione potrebbe essere quella di andare a parlare con un adulto, ma chiedendo ai professori o ai genitori di far scattare quei meccanismi che tutelano l’identità della “fonte”».

6. BULLISMO IN RETE. AVVERTIRE LA POLIZIA POSTALE
Dal 2015 al 2016 gli atti di cyberbullismo sono aumentati dell’8%, rivela Bernardo. «Nei primi due mesi di quest’anno abbiamo registrato un ulteriore +1,5%». Come identificare il fenomeno nel momento in cui il linguaggio sul web è pieno di volgarità? «Siamo in presenza di cyberbullismo quando gli insulti, inviati via social o via telefonino, hanno come bersaglio la stessa persona e sono ripetuti», dice Giannini. «Rientrano nella categoria anche il furto di identità e la pubblicazione di cose non autorizzate dalla vittima». Come reagire? Intanto segnalando i post che superano il limite direttamente ai gestori delle piattaforme. Poi, anche in questo caso, raccontandolo agli adulti e denunciando la cosa alla Polizia postale subito, prima che il materiale non sia più controllabile passando di smartphone in smartphone, di profilo in profilo. «La prospettiva è cambiata», dice il dottor Bernardo: «Oggi il bullo picchia perché sa che può raccontarlo pubblicando scatti e filmati in Rete e nelle app di messaggistica istantanea».

(Dal CORRIERE DELLA SERA - del 14 Marzo 2017)

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