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Accompagnare i minorenni all'età adulta, proteggendoli dai rischi del web. È l'obiettivo ambizioso della legge 71/2017, prima in Europa a tipizzare le condotte di cyberbullismo e a prevedere una rete di strumenti preventivi.

La vera novità della legge è il tentativo di consegnare direttamente ai minorenni - dai 14 anni in su - la possibilità di segnalare la presenza di un contenuto illecito al gestore del sito o del social network e di inoltrare un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali. Cambia anche la rete di protezione attorno alle vittime di cyberbullismo che potranno contare sulla presenza in ogni istituto di un referente scolastico al quale la legge demanda il difficile compito di coordinare iniziative di prevenzione e contrasto anche avvalendosi delle forze di polizia. A livello giuridico la norma facilita l'onere della prova delle vittime di cyberbullismo, fornendo indicatori sui quali fondare la responsabilità per fatto illecito degli insegnanti per carente vigilanza (articolo 2048 Cc9. La scuola in caso di episodi di cyberbullismo, è chiamata a rispondere civilmente (articolo 28 della Costituzione e articolo 61/2 della legge 312/80) in virtù del rapporto organico del personale dipendente.

Oggi quindi la mancata nomina del referente scolastico potrebbe incidere sull'affermazione di responsabilità degli istituti scolastici, gravati di questo onere specifico. Tali obblighi giustificano i bandi regionali, già previsti, per i corsi di formazione destinati ai referenti che dovranno essere in grado di rispondere alle esigenze dei ragazzi. Più difficile ancorare una responsabilità penale di tipo omissivo ai referenti in quanto di per sé l'obbligo di coordinare le iniziative di prevenzione non equivale ad un obbligo di garanzia volto ad impedire gli eventi lesivi.

Sul fronte civilistico, tuttavia, già prima dell'entrata in vigore della legge 71/2017 la giurisprudenza considerava la diffusione di video illeciti on line quali attività del tutto prevedibili «in ragazzi di età pre-adolescenziale, dotati di telefonini abilitati a riprese video e generalmente fruitori di social network» (sentenza Tribunale di Brescia numero 1955, pubblicata il 22 giugno 2017). Per i giudiciè noto che la diffusone tra i ragazzi di video lesivi dell'altrui reputazione può verificarsi in orario scolastico e ciò basta per ritenere sussistente la responsabilità civile dell'istituto scolastico.

La legge per la prima volta introduce anche la definizione di cyberbullismo, non prevedendo tuttavia una fattispecie autonoma di reato, ma richiamando le condotte tipiche più ricorrenti, quali le molestie, le diffamazioni, i furti di identità e il trattamento illecito dei dati personali il cui scopo sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori. Il preside ha obbligo di avvisare i genitori qualora venga a conoscenza di fatti di cyberbullismo e di avviare progetti educativi mirati. Per evitare sovrapposizioni con l'azione penale, la nuova legge ha previsto questo intervento diretto del preside soltanto nei casi in cui il fatto non costituisca reato. Tra le novità per le scuole, quella di integrare i propri regolamenti scolastici includendo specifici riferimenti alle condotte di cyberbullismo e precisando le sanzioni disciplinari applicabili.

[Articolo originale / Il Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-08-14/bulli-online-scuola-risponde-sede-civile-174956.shtml?uuid=AEvV15AC ]

La migliore prevenzione del bullismo è l'educazione, sottolinea Javier Fiz Perez, docente di Psicologia all'Università Europea di Roma. E in cattedra per insegnare ai ragazzi l'empatia può salire anche un amico a quattro zampe. La Pet Therapy, infatti, può essere uno strumento d'aiuto contro il bullismo. E' uno dei temi di cui si è discusso oggi in occasione del seminario 'Le emozioni in classe. Il bullismo: linee guida per comprendere e agire', organizzato nell'ateneo romano con l'associazione 'Il Sole esiste per tutti'.

E' importante, spiega Javier Fiz Perez, insegnare, educare e formare oggi al rispetto e alla sana convivenza, per garantire a tutti un futuro migliore e più sereno. E secondo la psicologa Giorgia Caucci, fra i possibili strumenti per la gestione del problema del bullismo e di altre situazioni di difficoltà c'è proprio la Pet Therapy, che prevede interventi assistiti con gli animali. "A tutti i bambini e ragazzi piacciono gli animali, in particolare i cani - osserva Caucci - La Pet Therapy a scuola può essere di supporto sia con bambini 'difficili' (ritardo psicomotorio e disturbi del comportamento) sia con l'intera classe, agendo sulla socializzazione, sulla relazione e sulla collaborazione. Quando un cane entra in classe le dinamiche cambiano, lasciando spazio all'armonia e alla coesione che portano nell'ambiente emozioni positive. Non solo. Il gruppo classe si unisce e prende forza. Quindi i cani si trasformano in veri e propri maestri, insegnando ai ragazzi l'importanza dell'empatia, della pazienza, e dell'ascolto".

Attraverso il gioco con il cane, continua l'esperta, "i ragazzi imparano ad esprimere la loro vivacità, condividendola gli uni con gli altri, ricavandone sensazioni di benessere. Quindi, giocare con il cane a scuola permette di stimolare l'interazione sociale e l'autostima. Il cane riveste un ruolo affettivo, grazie alla capacità relazionale dell'animale stesso, che permette ai ragazzi un continuo scambio emozionale. Regolari incontri" con gli amici a quattro zampe "in classe possono aiutare ad arginare e a prevenire il fenomeno della dispersione scolastica, attraverso l'aumento della motivazione, del senso di responsabilità e di appartenenza dello studente alla quotidianità scolastica, anche grazie ad eventuale affiancamento mirato di soggetti a rischio durante le materie ritenute più difficili".

Nella lotta al bullismo, aggiunge Javier Fiz Perez, "il ruolo della famiglia e della scuola diventa assolutamente determinante in questo percorso, che implica un insieme di sfide e impegni di notoria complessità. Un fenomeno così devastante come il bullismo diventa decisamente deleterio per lo sviluppo di ogni bambino e adolescente. La ricerca scientifica è molto sensibile al fatto che dopo la seconda infanzia ci sono delle priorità psico-educative come l'affermazione della propria identità e personalità, l'autostima, l'accettazione da parte del gruppo dei coetanei. In questa ottica la creazione e tutela di contesti sani di socializzazione diventa essenziale per il raggiungimento di taluni obbiettivi".

Il lavoro di squadra è cruciale, conclude, "tanto più nei nostri tempi, con la presenza sempre più invadente del cyberbullismo che genera tante sofferenze di natura psico-fisica ai nostri ragazzi. Capire le cause ed educare in maniera preventiva è il modo più efficace per evitare, un domani, il fenomeno del mobbing nel contesto del lavoro, della violenza di genere e della prepotenza sociale in tutte le sue manifestazioni".

[Fonte: Web / http://www.adnkronos.com/salute/medicina/2016/05/21/fido-classe-per-insegnare-empatia-convertire-bulli_a34W1hTHggPbanOyDpJjuI.html ]

Dispetti, angherie, vessazioni, fino a passare alle vie di fatto: botte che l'hanno mandato al Pronto Soccorso. E nessuno a scuola ha mosso un dito. Ma ora il bambino e la sua mamma hanno detto "basta". E' un caso di bullismo in piena regola di estrema delicatezza e gravità, data la giovane età dei bambini coinvolti, tra i nove e i dodici anni, e il riprovevole "lassismo" delle istituzioni scolastiche, quello consumatosi in un paese della provincia di Reggio Calabria. Giuseppe, il nome di fantasia della piccola vittima di questa incresciosa vicenda, che ha solo nove anni, era da tempo nel mirino di una "banda" di compagni di classe e di scuola nell'istituto comprensivo del suo paese: scherzi pesanti, come lo zainetto gettato nella spazzatura, angherie, umiliazioni. Una situazione di cui le insegnanti erano ben al corrente ma a cui assistevano senza intervenire: la mamma si era recata più volte in classe per lamentare i brutti gesti di cui il figlio era bersaglio, ottenendo come unica risposta dai docenti il "consiglio" di portarlo a scuola e di venirlo a prendere dieci minuti dopo il suono della campanella, per evitare di "esporlo" nei momenti più problematici dell'entrata e dell'uscita. E già questo è tutto dire. Ma i piccoli "bulli" hanno presto alzato il tiro della loro persecuzione e il 27 gennaio, dopo l'uscita da scuola, nel cortile del plesso, sono arrivati ad alzare le mani su Giuseppe: un autentico pestaggio di massa perpetrato da compagni di classe ma anche da studenti delle medie e che ha procurato al bambino botte e contusioni in tutto il corpo, in particolare alla schiena, sul dorso e agli arti. Il piccolo ha avuto bisogno di cure mediche al pronto soccorso dell'ospedale più vicino, dove gli hanno riscontrato una prognosi di 5 giorni salvo complicazioni, ma l'ortopedico, dopo una visita specialistica, gliene ha riconosciuti 20, prolungando in seguito la prognosi di altri 10 giorni. Come si è potuti arrivare a tanto? Perché sono stati trascurati i ripetuti segnali dei mesi e dei giorni precedenti? Le insegnanti e il dirigente scolastico hanno preso qualche provvedimento nei confronti dei ragazzini responsabili degli atti di bullismo? Hanno parlato con le loro famiglie? Sono stati interessati i servizi sociali? Tutte domande legittime a cui la mamma di Giuseppe adesso pretende risposta. I fatti del 27 gennaio, infatti, sono stati la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il ragazzino, del resto, oltre alle ferite fisiche, ha subìto un profondo shock, non ha più la forza di tornare in quella scuola ed ha avuto bisogno di supporto psicologico per superare il trauma: ora è seguito da uno psicologo. E la madre ha ritenuto di intervenire in modo fermo prima che fosse troppo tardi: sta pensando di non mandarlo più in quell'istituto, sta valutando di chiedere il trasferimento in un'altra struttura scolastica e, attraverso il consulente Salvatore Agosta, si è rivolta a Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali a tutela dei diritti dei cittadini, per salvaguardare il ragazzino e per ottenere giustizia. Giustizia non tanto nei confronti della baby gang che ha terrorizzato e picchiato Giuseppe, dei minori che non sarebbero neanche penalmente perseguibili, ma nei riguardi di chi ha permesso tutto ciò omettendo di vigilare sulla sicurezza di un alunno che era sotto la propria responsabilità, e macchiandosi di colpe ben più pesanti: l'istituto scolastico. Attraverso il servizio legale di Studio 3A, dunque, ieri, 29 febbraio 2016, è stata presentata formale querela presso la locale stazione dei carabinieri, che peraltro nei giorni scorsi avevano già effettuato un sopralluogo in quell'istituto. "E' una vicenda inqualificabile su cui ogni commento è superfluo: un istituto a cui le famiglie affidano i figli, la loro educazione e la loro incolumità, non può venire meno così alle proprie responsabilità – sostiene il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò - Tutelare i diritti della persone è la nostra mission, ma quando si tratta di bambini lo è doppiamente e non ci fermeremo di fronte a nulla per ridare serenità a questa famiglia e a questo bimbo che ha vissuto per mesi un dramma silenzioso. Che casi come questo non abbiamo mai più a ripetersi: abbiamo tutti il dovere di non accettare passivamente la piaga del bullismo".

[Fonte: Web / http://ildispaccio.it/reggio-calabria/101062-vittima-di-bullismo-a-nove-anni-la-mamma-querela-scuola-del-reggino-gli-insegnanti-stanno-a-guardare ]

IL GRANDE SILENZIO. Il silenzio dell'indifferenza, di chi vede e non muove un dito, di chi subisce e non parla , di chi dovrebbe prendere posizione e non lo fa, di chi ha un grande cuore ma ha paura usare. Silenzio calpestato , indesiderato, impotente , troppo silenzio... noi tutti possiamo e dobbiamo rompere il muro del silenzio perché c è un momento per tutto nella vita... per cambiare, per crederci, per raccontare, per vivere e per sorridere . Come ? Amore... tanto amore incondizionato, per gli amici, per gli sconosciuti, per chi è in difficoltà, per chi deve crescere...per tutti quelli che hanno negli occhi un sogno.

--- David e Golia

Attraente quanto pericolosa: la app "Sarahah", che permette di mandare messaggi anonimi agli iscritti, è già un fenomeno. Ma di cosa si tratta? Chi l'ha creata e quali sono i suoi lati oscuri?

Negli ultimi giorni chiunque usi i social network non può non essere incappato nel logo di una busta bianca su fondo acqua marina. Il logo di Sarahah, appunto, che in arabo significa onestà. L'applicazione, creata dal 29enne saudita Zain al-Abidin Tawfiq, ha già fatto il record di download collezionando milioni di utenti (tra app e versione desktop sarebbero 20 milioni).

Nata per fornire uno strumento ai dipendenti che volessero esprimere giudizi onesti sui propri capi senza diritto di replica e senza la possibilità di essere rintracciati (almeno questo è l'intento dichiarato dal suo ideatore), si presta tuttavia a diventare lo sfogatoio dei bullismi da tastiera. Non è un'assoluta novità: Ask.fm, Yik Yak e Whisper sono strumenti simili che tuttavia fortunatamente non hanno mai davvero sfondato. Il boom di Sarahah sarebbe legato anche alla possibilità di inserire link nei post di Snapchat, popolarissima tra i giovanissimi.

Una volta scaricata l'app, si esegue una ricerca degli amici già iscritti e si procede a "recensirli" a piacimento e in forma del tutto anonima, neanche fossero dei ristoranti o degli ostelli. I rischi legati al cyberbullismo sono evidenti e il suo inventore ne è ben consapevole. Su PlayStore Sarahah viene definita un'applicazione utile alla «critica costruttiva» e se ne raccomanda l'uso sotto «la supervisione dei genitori».

Zain al-Abidin Tawfiq, parlando a Mashable, si è impegnato a fare di tutto per mantenere Sarahah "pulita". Qualche ostacolo ai bulli esiste già, come la possibilità di bloccare utenti ed attivare filtri per le parole offensive.

[Fonte: "Il Messaggero" / http://www.ilmessaggero.it/tecnologia/hitech/sarahah_app_messaggi_anonimi-2615151.html ]

Da un periodo in questa parte  Ilaria Bidini, youtuber affetta da osteogenesi viene perennemente attaccata da esseri che si nascondono dietro una tastiera, siamo stanchi!! Vogliamo giustizia per Ilaria, firmiamo in tanti per combattere il cyberbullismo e dare una mano ad Ilaria.

Sito web per firmare la petizione: https://www.change.org/p/laura-boldrini-tutti-con-ilaria-bidini

I FRUTTI DELL'ALBERO
Se tuo figlio ti dice bugie, chiediti se tu dici sempre la verità...
Se tuo figlio alza la voce, chiediti se tu non urli mai...
Se tuo figlio fuma o beve, chiediti quante volte lo hai fatto davanti a lui.
Se tuo figlio non è felice, chiediti quanta serenità gli stai trasmettendo.
Se tuo figlio pensa solo ai soldi, chiediti quanto peso hanno nella tua vita.
Se tuo figlio è superficiale o non ha carattere, chiediti se ogni problema banale glielo risolvi tu.
Se tuo figlio non si confida, chiediti quante volte hai raccontato di te.
Se tuo figlio è sempre attaccato al telefonino o alla TV, chiediti quanto tempo ci passi tu.

La bontà di un albero si misura dai frutti che genera.
Ma a differenza dell'albero noi umani abbiamo una possibilità: cambiare.
Cambiando il nostro atteggiamento, possiamo cambiare la qualità dei nostri frutti.

Una madre ha scritto un romanzo nel quale racconta come ha salvato il proprio figlio dalla droga: cambiando radicalmente.

(Fonte/Libro: http://bit.ly/soffiaelasciami
by Ema Pesciolinorosso https://www.facebook.com/emapesciolinorosso )

"A volte le cose accadono perché devono accadere. Altre volte vanno conquistate centimetro dopo centimetro. Questa sta a metà tra le due situazioni e mi rende molto felice.
Voglio ringraziare Renato Amato, il mio grande Coach che mi ha capito come pochi ed è riuscito a farmi partire. Grazie a Gianpietro per avermi aperto le porte.
Grazie a Paola Borghesan per la grande avventura che stiamo affrontando insieme."

--- Giovanni Schiavon

Parliamo di prevenzione.
Cos'è il This Crush?
È un social network per farsi insultare ,è la nuova "moda" ed è collegata ad Instagram.
Allertiamo i genitori, occhio al cyberbullismo, attenzione... date una sbirciatina ai cellulari dei vostri figli .
Questo social anche anonimamente può postare messaggi diffamatori, post offensivi anche a carattere sessuale.
Diventa una gogna mediatica ed è già di largo utilizzo .
Se non è sufficiente dialogare e comunicare con i figli è estremamente necessario controllare e vigilare .
E poi mi rivolgo al bravo, ai lupi insensibili, forse feriti ..... ricordatevi che state arrecando tanto dolore e state facendo dei reati perseguibili... pensateci.

--- Paola

La legge sul cyberbullismo introduce norme dedicate esclusivamente alla prevenzione e al contrasto del fenomeno che vede per protagonisti e vittime i minorenni, con il coinvolgimento diretto delle scuole. Basterà questa legge ad arginare il fenomeno?

Avv. Dario Coglitore

Il 3 giugno scorso è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 29 maggio 2017 n. 71 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” da oggi in vigore.

All’art. 1, rubricato “finalità e definizioni”,  viene descritto per la prima volta il fenomeno del “cyberbullismo” individuandolo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, nonché la diffusione di contenuti online il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
L’intervento del Legislatore è stato salutato con entusiasmo dalla stampa e dai media in generale. Tuttavia il testo normativo non  appare scevro da critiche in particolare con riguardo alla sua effettiva utilità.

Ed infatti non si è inteso introdurre una specifica fattispecie di reato: gli atti di cyberbullismo continueranno ad essere sanzionati penalmente solo se riconducibili a precise e già esistenti fattispecie incriminatrici quali ad es. lesioni personali, l’ingiuria,diffamazione,molestia o disturbo alle personeminaccia,atti persecutori – stalking,sostituzione di persona, detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, etc.

In sostanza, ancora oggi, il termine cyberbullismo richiama fattispecie criminose senza tuttavia esserlo di per se stesso.
Anche sotto il profilo dell’illecito civile tutto è rimasto invariato, continuando a trovare applicazione gli artt. 2048 e 2043 c.c.

La legge n. 71/2017 in verità ha semplicemente introdotto alcune misure volte a prevenire il fenomeno del cyberbullismo, sopratutto attraverso l’intervento delle scuole dove tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo. E’, altresì, previsto che alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno le polizia postale e le associazioni territoriali.
Il testo normativo, all’art. 1 comma I, d’altronde, si pone il chiaro obiettivo di “contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche. “.
Nell’ottica della citata prevenzione l’art. 2 della legge contempla la possibilità per ciascun minore ultraquattordicenne, nonché per ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito atti di cyberbullismo, di inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore diffuso in rete e che ovviamente risulti offensivo della dignità dello stesso.

In buona sostanza, in caso di minore che abbia compiuto gli anni quattordici, il Legislatore ha previsto una doppia legittimazione, in capo allo stesso minorenne e all’esercente della potestà genitoriale.
E’ chiaro che l’attribuzione di una doppia titolarità del diritto comporta necessariamente il superamento di possibili situazioni conflittuali nascenti dalla eventuale volontà contraria di uno dei due soggetti abilitati, ipotesi che in verità non appare regolamentata dl testo di legge.
Con riguardo ai minori sotto i quattordici anni la norma nulla dice.
Tuttavia appare irragionevole ritenere che tali soggetti rimangano sprovvisti di tutela.

Si potrebbe, quindi, interpretare il testo nel senso che il Legislatore abbia inteso mantenere la legittimazione in capo al solo genitore del minore dal momento che la relativa richiesta di oscuramento può, in ogni caso, essere avviata dal genitore esercente la patria potestà (“Ciascun minore ultraquattordicenne, nonché ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore …”) e che la definizione di “cyberbullismo” offerta dall’art. 1, comma II, della legge n. 71/17, e richiamata dall’art. 2 comma I, si rivolge ai minori senza distinzione di età.

Inoltrata la richiesta, il gestore deve dare seguito entro 48 ore alla istanza; diversamente subentra il Garante per la privacy con l’intento di riuscire a oscurare il contenuto entro le 48 ore successive.

C’è però da sottolineare che il termine “gestore“ non contempla né i providers, né i motori di ricerca.
La procedura sopracitata, la quale mira esclusivamente ad ottenere la rimozione dei contenuti offensivi, non è sostitutiva dall’azione penale e non va confusa con la stessa la quale com’è evidente tende a reprimere il fenomeno ed a sanzionare il “cyberbullo”.

A tal proposito la legge nulla ha introdotto, a mio avviso, di significativo, limitandosi a contemplare la possibilità di avviare innanzi al Questore una procedura, a dire il vero assai blanda, di ammonimento del “cyberbullo”, così come già accade in tema di stalking.
E’ necessario, però, che non venga presentata querela contro il cyberbullo o denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 c.p. e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne.

Il Questore assumerà, se necessario, le informazioni dagli organi investigativi, e sentite le persone informate sui fatti, procederà ad ammonire oralmente il soggetto nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento, invitandolo a tenere un comportamento conforme alla legge.
L’ammonimento, è bene precisare, è uno strumento amministrativo e non presuppone la prova certa del fatto, ma solo la sussistenza di “indizi” che rendano verosimile l’avvenuto compimento di atti persecutori.

Gli effetti dell'”ammonimento” cesseranno solo una volta maggiorenne.
La legge è di certo un primo concreto segnale che sta ad indicare come il fenomeno del cyberbullismo sia sotto la lente del Legislatore. Tuttavia manca ancora qualcosa, non c’è infatti nessun riferimento al cyberspettatore, lo “spettatore silente”, ovvero a chi visiona e spesso condivide gli atti persecutori.

Un limite ancora più rimarcato se si considera che lo scopo della legge è, in primis, quello di formare, sensibilizzare e prevenire, ancora prima di reprimere e punire.

(fonte/web: http://www.inchiestasicilia.com/2017/07/27/cyberbullismo-i-limiti-della-legge-n-712017/ )